Web reputation

In un’epoca in cui si sente sempre più parlare di Cloud Computing, multi tasking e gli smartphone ci consentono di fare foto e immediatamente pubblicarle sui social network, ed il tasto più cliccato sul cellulare non è più quello di chiamata, ma al massimo lo “share” o “tag”, è un attimo perdere d’occhio quella che è la nostra reputazione web.
Essere connessi continuamente non è sempre positivo, perché se è vero che ci consente di essere veloci e di rispondere subito ad una mail, ad una richiesta, è altrettanto vero che questa ricerca di rapidità a tutti i costi spesso si traduce in un agire senza pensare e senza filtri.
E così, mentre cerchiamo di costruirci una solida reputazione sul posto di lavoro, roviniamo gli sforzi fatti non badando a quello che pubblichiamo sui social.
Infatti, se di solito chi lavora nel digital ha già una propensione a controllare la propria presenza online, tutti gli altri, e non si intende solo chi è alle prime esperienze lavorative, ma anche professionisti di un certo livello, non danno peso alle impostazioni sulla privacy e il risultato è spesso imbarazzante (pensate alla foto in cui vi hanno taggato e stavate festeggiando…).
Sempre più indagini di mercato hanno dimostrato che il 79% delle aziende sopra i 250 dipendenti ad oggi ricorrono costantemente all’utilizzo dei Social Network, non solo come fonte per reclutare nuovi candidati ( si pensi allo sviluppo di Linkedin negli ultimi tre o quattro anni), ma ancora di più per fare una valutazione approfondita di quella che, i più tecnici, chiamano “private web reputation”.
In una visione del recruiting 2.0 i selezionatori affiancano ormai, ad una attenta analisi del curriculum, uno screening di tutti i profili social: Facebook, Twitter, e il già citato Linkedin.
E se in questo ultimo si pone attenzione ai contenuti, alle esperienze di lavoro, ed ai vari “endorsement”, sui primi si vanno a verificare foto pubblicate, commenti e post vari.