Smart working e caro vita: Milano non è più la capitale del lavoro tech
Milano città non è più la capitale del lavoro tech d’Italia. Le occasioni di impiego, che pure si moltiplicano, interessano la regione Lombardia o alcune città dell’hinterland, sempre meno il capoluogo. La tendenza, in atto dal 2020 con la pandemia da Covid, è proseguita fino a tutto lo scorso anno e i mesi più recenti.
Ricerche in calo del 16%
La città registra un calo del 16% nelle ricerche di professionisti digitali contro un incremento del 26% dell’intera regione. Sono numeri che emergono da uno studio di Hunters group, società di ricerca e selezione del personale tecnico e qualificato, specie nel comparto dell’information technology: programmatori, analisti, system administrator, network engineer, cyber security specialist. Figure sempre più richieste dalle imprese, e infatti la domanda in generale è balzata in avanti del 44% nell’ultimo anno. Ma Milano è ferma, anzi arretra. Come mai? Joelle Gallesi, Managing Director di Hunters Group spiega così il fenomeno, partendo dalle ricerche di personale: «C’è il traino forte dei progetti legati al Pnrr con le imprese impegnate su questo fronte che stanno selezionando e assumono profili vari, dagli ingegneri agli addetti al marketing o ai Seo. Quando non trovano tali profili per un lavoro in presenza, cominciano a offrire posizioni in modalità remote o smart working». Secondo l’esperta, quest’ultima modalità è chiesta come condizione base da 82 candidati su 100 per ciascuna offerta di lavoro. «Escluse le attività di cantiere, per tutto il resto oramai lo smart working riguarda attività che vanno dall’amministrazione alla finanza, dalla gestione del customer all’area delle vendite. E non soltanto per figure professionali junior. Lo smart working viene chiesto anche da profili senior».
Work-life balance
C’è una tendenza sempre più diffusa: studenti che hanno frequentato l’università nei grandi centri urbani (Milano o Roma) scelgono però aziende lontane ma in luoghi che garantiscono un work-life balance superiore. Ecco il primo motivo dell’uscita da Milano: «Se un tempo chi viveva fuori città accettava di affrontare il problema del traffico, oggi esiste l’alternativa: lavorare da casa e lontano». Sotto il grande tema dei costi da sostenere per vivere nella metropoli emergono interessanti esperienze alternative: «Vedo un grande lavoro svolto dai comuni limitrofi o vicini a Milano che si sono dotati della fibra o mettono in piedi centri di coworking. Fa comodo anche alle imprese questa forma di delocalizzazione funzionale», spiega Gallesi. E che cosa sta succedendo dal lato delle imprese tech? «Avere una sede in centro presenta costi molto alti e meno vantaggi di un tempo». Chi ha bisogno di contatti frequenti con i decisori politici (dal Comune alla Regione) preferisce tenere in centro un piccolo ufficio e poche persone. «Il prestigio dai candidati non è più valutato importante come una volta». Si diffondono così esperienze di successo che vanno in questa direzione.
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