Retribuzioni e Gender gap, i diritti e i limiti di privacy nella Direttiva Ue
La Direttiva europea sulla parità salariale tra generi concede diversi diritti ai candidati e ai lavoratori ma senza ledere la privacy dei colleghi. Gli stati membri dell’Unione dovranno recepirla entro il 7 giugno 2026. E per gli studi sul gender gap nel lavoro l’americana Claudia Goldin ha vinto il Nobel per l’economia.
La Direttiva UE sulla parità salariale (EU Pay Transparency Directive 2023/970), si propone di ridurre il divario di genere e, una volta recepita nell’ordinamento nazionale (gli Stati Membri dovranno farlo entro il 7 giugno 2026), dovrà essere rispettata dai datori di lavoro del settore privato e pubblico.
Una volta recepita la Direttiva UE, gli annunci di lavoro dovranno riportare informazioni sul livello retributivo iniziale in fase di assunzione o sulla fascia attribuibile alla posizione offerta, sulla base di criteri oggettivi e genericamente neutri. Queste informazioni dovranno per lo meno essere fornite nella risposta al candidato che manifesta interesse. A questi candidati verranno comunque fornite, in sede di colloquio, le medesime informazioni senza che sia l’aspirante lavoratore a doverle chiedere.
Come precisa Joelle Gallesi, Managing Director di Hunters Group, la direttiva per la parità di stipendio, si basa su tre punti chiave:
- i candidati avranno diritto di ricevere informazioni sulla fascia retributiva relativa alla posizione specifica;
- non sarà possibile chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni attuali o precedenti in fase di colloquio;
- i lavoratori potranno chiedere informazioni sul proprio livello retributivo e su quelli medi delle categorie che svolgono pari mansioni, con i criteri utilizzati per determinare livelli retributivi e avanzamenti di carriera.
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