Mobility Manager: un ruolo sempre più strategico
La figura, che si occupa di promuovere e attuare interventi di organizzazione e gestione della domanda della mobilità casa-lavoro delle risorse, gestisce anche gli aspetti legati alla e-mobility grazie a un costante dialogo con istituzioni locali e territoriali.
Se è vero che la pandemia Covid-19 ha determinato il blocco della crescita di alcuni settori di mercato, è altrettanto vero che ha determinato l’accelerazione in termini di evoluzione di altri comparti dell’economia, nazionale ed internazionale. L’emergenza sanitaria ha costretto numerosi Paesi ad attuare misure più o meno estreme durante le quali la mobilità si è ridotta e, per certi versi, trasformata anche a causa (o per merito) del diffondersi del lavoro a distanza, in organizzazioni pubbliche e private. Al contempo, la richiesta di mobilità aziendale si è trasformata, evolvendo verso modelli legati ad alimentazioni ibride o elettriche, che prevedono una gestione della flotta molto diversa dalle precedenti.
Questi cambiamenti hanno portato in prima linea una figura professionale che in realtà era già presente nel mondo del lavoro, ma che ha assunto in questi ultimi due anni un ruolo sempre più strategico all’interno delle imprese: il mobility manager. L’attività del mobility manager è stata introdotta in Italia nel 1998 e nel 2000 – grazie al decreto del ministero dell’Ambiente (articolo 1, comma 3) – sono stati definiti con maggiore puntualità e precisione i compiti di questo professionista. L’adozione di un piano di mobility management, quindi, è il risultato di diversi interventi normativi che hanno trovato un importante sbocco nell’ultimo Decreto Rilancio. Nel maggio 2021, infatti, è stato firmato il decreto che delinea con puntualità la funzione del mobility manager, la figura che si occupa di promuovere ed attuare interventi di organizzazione e gestione della domanda di mobilità casa-lavoro delle risorse, senza ovviamente trascurare tutti gli aspetti legati alla mobilità sostenibile. Si tratta, inoltre, di una figura obbligatoria per tutte le aziende (pubblici e privati) con più di 100 dipendenti e per i Comuni con oltre
50.000 abitanti.
La richiesta di questi professionisti è aumentata notevolmente, tanto che molte università hanno iniziato ad offrire percorsi di formazione specifici. Il mobility manager assume un ruolo chiave nell’attuazione delle strategie di sostenibilità interne all’azienda, con risvolti di natura economica – pensiamo, ad esempio, alla riduzione dei costi di spostamento casa-lavoro dei dipendenti o dei costi legati alla gestione e al mantenimento della flotta aziendale – e di natura sociale ed ambientale, poiché lavora anche per aumentare il benessere delle risorse. Attraverso un costante dialogo con istituzioni locali e territoriali, questo professionista si occupa di mettere in atto piani di mobilità che possano ridurre le emissioni di CO2 a favore di quella che potremmo definire mobilità green.
Il mobility manager non è un tecnico, ma un comunicatore con una forte vocazione all’analisi. Il suo compito infatti richiede molteplici doti e competenze che vanno identificate negli ambiti del marketing, dell’analisi dati e della logistica. Non devono mancare, inoltre, skill di fleet management e travel management. Queste figure, spesso formatesi all’interno di grosse Corporate, originano a volte da profili di Fleet Management puro oppure da candidature provenienti dalle aree Facility o Procurement delle aziende. Per quanto riguarda lo stipendio, ci sono diverse variabili che influiscono sulla retribuzione (ad esempio dimensioni dell’azienda o numero di dipendenti).
In generale, possiamo affermare che ci si muove in un range compreso tra 45.000 e 60.000 euro lordi. Non sono impattanti i variabili o i benefit di questi profili professionali sulla retribuzione complessiva. Si tratta di candidature alle quali viene richiesta una buona conoscenza della lingua inglese e un buon approccio digitale.
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