L’erba del competitor non è sempre la più verde
Le aziende italiane, siano esse multinazionali o realtà padronali radicate sul territorio, stanno gradualmente abbandonando uno dei preconcetti più tradizionali nelle dinamiche di ricerca e selezione del nostro Paese, ovvero l’idea secondo la quale il miglior candidato per una determinata posizione lavorativa è sempre e comunque l’omologo proveniente dalla diretta concorrenza.
Sicuramente questo approccio può avere indiscutibili vantaggi in termini di rapidità nell’individuare i bacini di prelievo per impostare un’attività di head hunting e da un punto di vista di “prontezza” dei candidati a ricoprire un determinato ruolo in un settore che già conoscono. Nel caso dei tecnici la conoscenza pregressa della materia da trattare può portare valore aggiunto nella nuova azienda, oltre ad eventuali segreti industriali a livello tecnologico; nel caso dei venditori, i vantaggi sono principalmente legati alla dote di clienti e contatti che il nuovo arrivato è in grado di garantire. Inoltre, è indubbio che vi sia un sottile piacere nel sottrarre una risorsa ad un proprio concorrente.
Ma non è tutto oro ciò che luccica. Innanzitutto, questo approccio limita fortemente il pool di candidati da poter approcciare per una determinata ricerca; in secondo luogo, in questi casi molto spesso l’unica leva motivazionale che spinge un professionista a passare alla concorrenza per ricoprire lo stesso ruolo è rappresentata dal fattore economico, dunque tendenzialmente l’increase retributivo richiesto dal candidato è più alto della media di mercato, ed è anche più alta la probabilità che la trattativa possa naufragare a causa di un rilancio da parte dell’azienda di provenienza. Inoltre, il rischio di questo approccio è che le professionalità che popolano un determinato settore siano sempre le stesse, con conseguenze negative sulla crescita tecnica e culturale delle aziende. Infine, parlando soprattutto dei venditori, è rischioso presentarsi al cliente in una nuova veste proponendo un prodotto che fino al giorno prima era considerato inferiore perché proveniente dalla concorrenza.
Fortunatamente, da qualche tempo Hunters Group sta notando un’inversione di tendenza: le aziende si stanno infatti aprendo a candidature provenienti da settori affini, ma differenti rispetto al proprio core business. E’ il caso del Fashion, che da qualche tempo ricerca i propri candidati nel mondo dell’Ho.re.ca e delle Supercars, o della Logistica, che predilige candidature provenienti dall’Automotive. Ciò implica la necessità di un iniziale periodo di ambientamento per queste persone, ma i vantaggi in termini di nuovi approcci al lavoro e di competenze provenienti da altre industrie e sconosciute o quasi ai settori di approdo sono incalcolabili ed estremamente importanti per la crescita del tessuto industriale italiano.