La soluzione per trovare in tutto il mondo i migliori talenti? L’International Recruiting!
Sfruttare le condizioni fiscali estremamente favorevoli che l’Italia offre a chi ha lavorato all’estero negli ultimi due anni e rendere più semplici le assunzioni dei candidati stranieri può aiutare a coprire le numerose posizioni vacanti e portare il nostro Paese ad essere sempre più competitivo
Il mismatch professionale è uno dei maggiori freni allo sviluppo economico dell’Italia. Molte ricerche professionali non sono andate a buon fine perché i professionisti sono introvabili o non sono in numero sufficiente per coprire tutte le posizioni vacanti, perché non hanno le competenze necessarie o perché, in alcuni casi, domanda e offerta non sono allineate.
“In alcuni settori, come l’ICT e l’Energy – spiega Joelle Gallesi, Managing Director di Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale altamente qualificato – più della metà delle offerte di lavoro rimane aperta (si calcola che il tasso di chiusura sia inferiore al 47%) e questo rappresenta, senza dubbio, un grosso problema per lo sviluppo del business. Un problema che deve trovare una soluzione, magari anche guardando al di fuori dei confini nazionali e implementando, in maniera sempre più consistente e strutturata, politiche che permettano da un lato il rientro dei nostri migliori talenti e, dall’altro, rendano le assunzioni di talenti stranieri più semplici. L’International Recruiting potrebbe essere la strada più facilmente percorribile, anche sfruttando le condizioni fiscali estremamente favorevoli che l’Italia offre a chi ha lavorato all’estero negli ultimi due anni”.
A volte ritornano: alcuni dei nostri migliori talenti pronti a rientrare. L’Italia – grazie all’Agevolazione per i Lavoratori Rimpatriati in Italia, nota anche come “bonus Rientro dei cervelli” e ai passi in avanti che sta facendo anche in termini di investimenti – sta tornando ad essere un paese molto interessante, a livello professionale, sia per i lavoratori italiani che hanno vissuto all’estero, sia per i lavoratori stranieri che, in percentuale sempre crescente negli ultimi tempi, stanno pensando al nostro paese non solo per le attrazioni turistiche e culinarie, ma anche per una carriera di successo.
E anche i numeri sembrano confermarlo. Secondo una recente indagine condotta da Hunters Group, infatti, sono cresciute del 10% le richieste di professionisti italiani che, dopo aver lavorato all’estero, hanno iniziato a considerare anche offerte provenienti da aziende del nostro Paese. Una situazione inimmaginabile fino a qualche anno fa ma che – soprattutto dopo la pandemia – ha iniziato a concretizzarsi e, di anno in anno, diventa sempre più diffusa. Grazie alle agevolazioni fiscali, confermate anche nella Legge di Bilancio 2023, i rientri in Italia dall’estero nell’ultimo anno hanno coinvolto circa 19mila lavoratori e lavoratrici. Numeri decisamente in crescita rispetto agli anni passati, basti pensare che i rientri nel 2021 sono stati poco più di 14mila.
Il rovescio della medaglia: i talenti italiani pronti a espatriare per ottenere, all’estero, stipendi quasi doppi rispetto a quelli offerti nel Paese. Non tutto, però, è rosa e fiori e non possiamo negarlo. Alcuni dei nostri migliori talenti decidono di lasciare il nostro Paese perché, soprattutto in alcuni settori, le nostre aziende – a livello retributivo – non reggono il confronto. Tra le figure professionali con maggiore possibilità di trovare un impiego stabile lontano dall’Italia ci sono i profili altamente qualificati dell’IT, del Finance e dell’Energy. Un Data Scientist – il professionista che analizza ed elabora i dati – in Italia guadagna mediamente 42.500 euro lordi all’anno che diventano 70.000 in UK, 75.000 in Germania e addirittura 143.000 negli Stati Uniti. Solo in Spagna – se analizziamo i Paesi equiparabili al nostro – la retribuzione è inferiore, anche se di pochissimo (41.000 euro). Lo stesso vale, ad esempio, per chi sviluppa Software: nel nostro paese la RAL media si attesta intorno ai 35.000 euro, circa 54.000 in UK, 65.000 in Germania e quasi 100.000 negli USA.
“Il primo dato che emerge subito – aggiunge Joelle Gallesi – è la differenza tra le retribuzioni italiane e quelle degli altri Paesi. Se è vero, infatti, che i salari nazionali sono maggiori rispetto a quelli della Spagna e decisamente superiori rispetto a Paesi in via di sviluppo come Polonia, Romania, Albania o India, non reggiamo ancora il confronto con UK, Germania e Stati Uniti. Ma, come abbiamo visto, qualcosa sta fortunatamente cambiando e dobbiamo continuare ad investire per rendere l’Italia ancora più interessante ed attrattiva lavorativamente parlando, perché, anche il nostro Paese, ha competenze e risorse per competere a livello internazionale ed offrire interessanti occasioni di carriera ai professionisti di tutto il mondo. L’Italia, infatti, offre un ambiente lavorativo stimolante non solo per i professionisti che rientrano nel nostro Paese, ma anche per quelli che arrivano dall’estero, con opportunità uniche per imparare e crescere in un contesto che valorizza le competenze del singolo individuo”.
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