Intelligenza artificiale da minaccia a opportunità. Ma attenzione allo skill gap
Le occasioni di nuovo impiego legate a questa tecnologia sono diverse e in aumento. Ecco quali sono
I chatbot e gli algoritmi ci ruberanno il lavoro? Domanda che rimbalza da tempo. E che non ha, ancora, una risposta precisa e definitiva. Perché se è indubbio che l’applicazione massiva dell’intelligenza artificiale nei processi di lavoro porterà alla sostituzione dell’addetto umano a favore della macchina per compiti ripetitivi e di routine, è altrettanto vero che le occasioni di nuovo impiego legate a questa tecnologia sono diverse e sono in aumento, abbracciando un ampio spettro di professionalità e competenze. Come ha osservato di recente Silvia Movio, Director di Hunters (un marchio interno di Hunters Group specializzato in ricerca e selezione di personale altamente qualificato), «l’AI impatterà in maniera importante il mercato del lavoro perché tutti i settori ne saranno influenzati, dall’automazione industriale al mondo energy».
In uno scenario che vede l’Unione Europea al lavoro per definire un nuovo quadro giuridico atto a regolare lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale (l’AI Act), le opportunità di lavoro che in qualche modo hanno a che fare con l’Artificial Intelligence sono cresciute (lo confermano i dati dell’Osservatorio di Hunters Group) e interessano figure eterogenee, trasversali ad ogni settore e tipologia di azienda. Le più ricercate? In ordine di importanza gli ingegneri esperti di progettazione e implementazione di sistemi di machine learning (ambìti in modo particolare nei settori bancario, farmaceutico, logistica e retail), gli sviluppatori di dispositivi IoT che raccolgono dati grazie ai sensori intelligenti (sanità, manifatturiero, trasporti e tempo libero i comparti che ne avranno più bisogno) e i creatori di hardware dedicato all’AI, i data scientist (fondamentali per analizzare i grandi volumi di informazioni digitali disponibili) e i responsabili della protezione dei dati.
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