Il futuro del lavoro è stem
La veloce evoluzione della tecnologia e gli obiettivi delle aziende imposte dalla nuove sfide di mercato richiedono professionalità con competenze scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, che al momento scarseggiano. Tanto che il 23% delle imprese made in Italy, non riesce a trovare professionisti adeguati per guidare la crescita futura. Sanare il mismatch richiede tempo. Ma l’imminente arrivo dei fondi europei per la transizione ecologica e tecnologica impone ad aziende, associazioni di categoria, ed enti formativi di adottare con urgenza soluzioni transitorie. Obiettivo: non perdere il treno del Pnrr.
La veloce evoluzione della tecnologia sta rivoluzionando il mercato del lavoro. E non solo in termini organizzativi. Oggi la maggior parte delle aziende, indipendentemente dal settore di operatività, è infatti alla ricerca di profili Stem, acronimo che sta per Science, Technology, Engineering e Mathematics.
Una crescita esponenziale della domanda a cui però non corrisponde un uguale incremento dell’offerta di risorse con un background formativo di carattere scientifico e informatico. Così, in base ai dati diffusi recentemente da una ricerca condotta dalla Fondazione Deloitte, circa un’azienda su quattro, vale a dire il 23% del totale, non riesce a trovare professionisti adeguati per raggiungere gli obiettivi di crescita futuri. E il gap è destinato a durare ancora molto se è vero che nel nostro Paese oggi solo 1 studente universitario su 4 è iscritto a facoltà Stem (il 27% del totale).
Dati che non mostrano incrementi significativi nei prossimi anni. Inoltre, di questi studenti, solo 1 su 10 è iscritto alle facoltà che rispondono appieno alle esigenze professionali emergenti. Le motivazioni? Sempre secondo la ricerca condotta dalla Fondazione Deloitte i giovani che si iscrivono a scuole secondarie non Stem, lo fanno principalmente perché ritengono che questi percorsi siano maggiormente in linea con le proprie capacità.
Nel passaggio all’Università, invece, la passione per le materie e la coerenza con le proprie capacità, vengono integrati anche dalla valutazione circa la possibilità di raggiungere la professione ambita. I giovani, infatti, associano al percorso Stem professioni con basso appeal. A questo si aggiungano poi gli stereotipi di genere che pesano molto all’interno dell’universo femminile, dove vi è un’elevata percezione di disallineamento di interesse rispetto ai contenuti (per il 66% delle donne contro il 59% degli uomini) e di inadeguata formazione (per il 24% donne contro il 16% degli uomini). Basti dire che in facoltà come Ingegneria elettronica e informatica, solo il 20% degli iscritti è donna. Non solo. Sulla base di recenti ricerche condotte sul tema, le donne risultano occupate in 7 su 21 settori e questi sono tutti a basso contenuto Stem.
Un mismatch che potrebbe aggravarsi ulteriormente nel momento in cui, con l’arrivo dei fondi Europei del Pnrr, si entrerà nel vivo della transizione ecologica e di quella tecnologica, passaggi che richiederanno professionisti con competenze adeguate a gestire il cambiamento. Dunque, è decisamente elevato il rischio che lo skill shortage possa compromettere la buona riuscita di questi progetti così importanti per il futuro della nostra economia e del nostro sistema paese. «Un vero paradosso.
Ma la tecnologia evolve così velocemente che altrettanto velocemente si creano dei gap a livello di formazione. E correre ai ripari non è così semplice anche perché alcune dinamiche si possono prevedere, ma altre assolutamente no», spiega Carlo Caporale Amministratore delegato di Wyser, brand globale di Gi Group Holding specializzato in ricerca e selezione di profili di middle e senior management.
Mismatch destinato a durare
Così domanda e offerta sono destinate a restare distanti ancora per un po’. «Sanare il mismatch richiede, infatti, tempi lunghi, non solo perché va superato un certo retaggio culturale, ma anche perché esige una riforma seria degli Istituti tecnici di primo grado e per certi versi anche delle università», continua Caporale. «Una cosa è certa però: le aziende dovrebbero essere più coinvolte nella formazione scolastica, anche se non mancano eccellenze in questo senso. E poi serve un lavoro strutturale, che preveda un maggiore dialogo tra scuola, università, aziende, associazioni di categoria. Solo così si riuscirà ad avere la giusta reattività per recuperare il ritardo che oggi caratterizza il nostro mercato».
Studi professionali in difficoltà
E contrariamente a quello che si possa pensare il problema coinvolge pure il mondo della libera professione.
«Le figure Stem sono sempre più richieste anche in questo ambito», interviene Gionata Aldeghi, manager della divisione Tecnica di Hunters, brand di Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale qualificato. «Perché si tratta di professionisti senza un mercato di riferimento specifico che possono essere utilizzati ovunque.
Si pensi per esempio agli studi di architettura, di ingegneria o a quelli medico dentistici dove l’utilizzo della tecnologia sta diventando sempre più importante ricoprendo un ruolo determinante anche in termini di competitività sul mercato. Certo, in questo caso la formazione cade sulle spalle del futuro professionista, deve essere lui bravo a leggere come si sta muovendo il mercato per proporre il suo servizio ai vari studi in modo che sia il più allineato possibile alle loro nuove esigenze».
Come gestire il gap
Nel frattempo figure professionali come il Technical Operation Energy, Business Developer, Cyber Security Manager, Software Developer e in generale tutte le figure identificate come Project Manager, professionisti con backgroud tecnico che siano anche in grado di aggiungere competenze manageriali per gestire risorse e processi, continuano a essere introvabili.
Un trend che alimenta la cosiddetta guerra dei talenti tra organizzazioni per accaparrarsi i pochi professionisti Stem disponibili sul mercato. Certo le aziende e gli studi professionali avranno un ruolo determinante nel gestire in maniera intelligente le difficoltà a reperire le professionalità di cui necessitano nel breve periodo.
«E’ importante lavorare molto sulla retention e sulla formazione delle persone che si ha al proprio interno», precisa Caporale. «Anche perché il dinamismo del mercato del lavoro degli ultimi mesi e la sempre più accesa guerra dei talenti, fanno alzare il rischio di perdere le risorse più strategiche.
Altrettanto importante per le aziende sarà investire sull’employer branding, perché solo quelle che sapranno comunicare in modo efficace i loro aspetti valoriali e culturali saranno nelle condizioni di attrarre nuovi talenti e vincere le sfide del mercato». E in un periodo in cui sulla piazza scarseggiano le risorse con competenze adeguate alle esigenze delle imprese, queste ultime saranno costrette anche a lavorare molto sul reskilling e upskilling del personale interno. «Questo ovviamente richiede la capacità da parte delle aziende e degli Studi professionali di conoscere e monitorare le competenze del personale per individuare poi le persone in grado di ricoprire i ruoli vacanti in ambito Stem», aggiunge Aldeghi.
«Così come sarà necessario individuare una classe manageriale adatta a trasmettere sia le competenze tecniche sia la cultura, i valori, la mission aziendale. Fondamentale per fare engagement e per non vanificare gli investimenti fatti in formazione. Altra cosa importante per le aziende sarà ricorrere a una job rotation per sviluppare competenze trasversali, creare condivisione di idee tra i vari team e ampliare le competenze delle persone». La sfida è solo all’inizio.
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