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24 Settembre 2024

I mille volti del CIO: come e quanto le imprese in Italia presidiano il digitale

La presenza di un vero e proprio Chief Information Officer coincide solitamente con strutture aziendali articolate dove il top management e la proprietà riconoscono il ruolo strategico della tecnologia per il business. Ma l’Italia è un Paese di piccole e medie imprese, dove il CIO spesso è un IT manager, a volte senza un team, e con compiti operativi, non manageriali. Ma all’IT spetta un posto più alto.

L’Italia è un Paese di micro, piccole e medie imprese: quasi 5 milioni, pari al 99% del totale, secondo gli ultimi censimenti di ISTAT. È un dato che costituisce anche un vanto del nostro tessuto industriale, fatto di eccellenza, artigianalità e creatività. Tuttavia, non sempre piccolo è bello. E quando si tratta di digitalizzazione si può tradurre in una ridotta capacità di concentrare in una funzione dedicata i compiti legati all’IT inteso come supporto all’innovazione. Secondo i dati del più recente Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano, un terzo delle PMI italiane (circa 230 mila aziende tra i 10 e i 249 dipendenti) non ha un presidio sulla funzione digitale e, quindi, non ha una figura, interna o esterna, che possa pilotare i progetti di digitalizzazione. Un altro terzo affida questi compiti a un professionista o consulente esterno oppure a una software house. Un altro terzo ancora – precisamente, il 36% – ha un responsabile interno che, nella maggior parte dei casi, è privo di un team a supporto (23% contro il restante 13% che ha un team).

“Questi dati parlano chiaro: solo una parte esigua delle PMI ha un presidio strutturato sul digitale”, afferma Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Polimi. “Preoccupa, in particolare, quel terzo di piccole e medie imprese in cui non esiste alcuna figura dedicata. In questi casi o si naviga a vista, guardando alle esigenze contingenti e senza programmazione, oppure intervengono le abilità extra di singole figure interne o di professionisti esterni”.

I mille volti del CIO in Italia

Riconoscere che l’IT partecipa alla generazione del fatturato e vedere il direttore della tecnologia come figura chiave del management aziendale, trasversale a tutte le aree, porta a definire un vero ruolo da CIO, al di là del nome che viene concretamente assegnato al manager. Nelle startup e nelle scaleup, per esempio, è più diffuso il titolo di CTO (Chief Technology Officer), mentre nelle aziende con una forte interfaccia verso l’utente finale, come quelle dell’e-commerce o della tv in streaming, spesso si trova il CDO (Chief Digital Officer). In altri casi, il CIO viene sostituito da un Direttore IT o dei Sistemi informativi; altrove, si affaccia il CIO come Chief Innovation Officer.

“Il CIO è un vero C-Level ed è più presente nelle aziende grandi, o comunque strutturate. Ma il tessuto industriale italiano è fatto di piccole medie imprese, dove è molto più frequente trovare un IT manager o responsabile dei sistemi informativi. Io stesso ho lavorato sempre in aziende medio-piccole con questo titolo”, afferma Aniello Ranieri, Temporary IT Manager e nel board del CIO Club Italia, associazione di Chief Information Officer, IT Manager e altri dirigenti delle tecnologie dell’informazione in Italia. Ranieri era spesso anche l’unico membro del team IT ed era collocato a metà fra gestione operativa e management.

Alcune imprese prevedono anche la doppia figura del capo del digitale e del capo dell’IT divisi tra il lavoro sulle interfacce digitali per i clienti e di quello sull’IT ad uso interno.

“Il digital officer è più esperto dei mercati di sbocco ed è focalizzato sui temi digitali, mentre l’IT manager nasce a presidio del portafoglio tecnologico, delle reti e della sicurezza aziendale. Quando esistono, però, le due figure collaborano tra loro”, commenta Rorato.

Un fattore che determina la presenza di un CIO oppure di un altro ruolo affine, più o meno tecnico, è la specifica necessità dell’imprenditore o del cda quando assume il capo dell’IT, evidenzia Luca Balbo, Executive Manager della divisione di ICT & Digital di Hunters Group (società di ricerca e selezione di personale qualificato). Aziende dei settori finanza, energia, sanità e retail si stanno rapidamente digitalizzando in modo pervasivo e spesso cercano professionisti capaci di guidare, in generale, la trasformazione digitale dell’azienda. In altri casi, le imprese vanno a caccia di manager che seguano precisi progetti strategici, come la gestione dei dati, la presenza online, la migrazione al cloud o il rafforzamento della cybersicurezza. Può trattarsi di CIO, ma anche di direttori IT o CTO, a volte coincidenti col CISO, incaricati di portare avanti la digitalizzazione con un focus su queste specifiche aree.

Resta il fatto che il CIO, nell’interpretazione più vera del ruolo, è una figura centrale, da “C-Suite”.

 

 

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