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03 Giugno 2024

HR e il braccio di ferro generazionale: chi vince?

Il contesto che stiamo vivendo contrappone da una parte un’evoluzione tecnologica incontrovertibile e dall’altra l’allungamento dell’età lavorativa. Stiamo così assistendo alla convivenza di quattro – talvolta cinque – generazioni diverse nello stesso luogo di lavoro.

Davanti a questa realtà diventa importante cercare di riuscire a integrare e innovare il mondo del lavoro a partire dalle persone stesse. In questo nuovo contesto si contrappongono due grandi fronti generazionali, quello dei senior e quello degli junior. Il confronto tra i due troppo spesso degenera in una “guerra” che porta con sé solo perdenti. Una strategia aziendale per vincere questa guerra è sicuramente l’Age management che mira a valorizzare e rinnovare i patrimoni custoditi in ogni persona enfatizzando lo scambio attivo fra generazioni.

Partiamo da un dato di fatto che risulta essere la difficoltà nel riuscire a selezionare e trattenere le persone, quindi ad attrarle e motivarle adeguatamente.

Rispetto a questo dato, le generazioni senior spesso parlano di crisi delle risorse umane puntando il dito a fattori causali quali scarsa motivazione, aspettative sbagliate, modalità comunicative e relazionali inadatte dei giovani candidati.

A fronte di ciò, le new entry nel mondo del lavoro si sentono incomprese e frustrate, invece, spesso i loro curriculum sono molto ricchi e dimostrano che sono tutt’altro che impreparati e demotivati. Magari hanno appena terminato un percorso di studi lungo e hanno avanzato l’ipotesi di meritarsi una degna collocazione nel mondo del lavoro, con grande voglia di mettere sé stessi e quello che hanno imparato alla prova. La frustrazione non deriva solo dall’incomprensione sociale e da un tradimento contrattuale rispetto alle loro aspettative, ma anche dal confronto con senior che hanno percorsi di studi ed esperienziali inferiori ai loro.

La prima domanda che ci poniamo – allora – è la seguente: “I giovani candidati sono davvero scarsamente motivati?” Pensare ad una risposta affermativa risulta quasi una mossa di difesa che mira a mantenere una concezione del lavoro e di vivere il lavoro che sta ormai morendo.

La risposta è no, i giovani candidati non sono demotivati, sono solo diversamente motivati.

In realtà la dinamica del “puntare il dito” e accusare di demotivazione i giovani assunti o candidati è quanto mai sbagliata e superficiale, soprattutto in un contesto così frenetico ed in continua evoluzione. Il primo cambiamento da introdurre è cercare di capire il “perché” e il “cosa” renda diverse le nuove generazioni da quelle precedenti; quindi, quali siano i loro driver motivazionali rispetto alla scelta e al mantenimento di un posto di lavoro.

Oltretutto, provare a fare una comprensione di questo tipo significa anche approfondire e cogliere aspetti della realtà che ci circondano, in quanto le nuove generazioni sono lo specchio della nuova società e un prospetto del futuro.

Da una ricerca di Hunters Group del 2023 è possibile cogliere le priorità lavorative che connotano le diverse generazioni di modo che si possa prendere consapevolezza che il cambiamento delle priorità lavorative è intimamente connesso al cambiamento della società.

 

 

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