Gli eSports diventano un lavoro
Il “Rapporto Italia 2020” dell’Eurispes scommette sulla presenza degli eSports alle Olimpiadi 2024: con un bacino di utenza di oltre 1,2 milioni di persone e un aumento generale del 20% di seguaci, il settore del gaming competitivo vede oggi in Italia un pubblico sempre più ampio e, tra le fila di fan e appassionati, non mancano i professionisti che decidono di investire su questo segmento. Nonostante questi numeri, solo negli ultimi giorni il CONI ha avviato la presa in carico per il riconoscimento degli eSports come discipline sportive di altre categorie.
“Per parlare di gaming competitivo” afferma Beatrice Pontari, Marketing & Innovation Manager di Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale qualificato “è necessario innanzitutto sfatare due grandi preconcetti, riguardanti rispettivamente il target di fruitori di videogame e le finalità di quest’ultimi: dobbiamo allontanarci dallo stereotipo del ragazzino con difficoltà relazionali chiuso in camera e iniziare a riflettere sui dati a nostra disposizione: secondo il rapporto AESVI/Nielsen, in Italia il pubblico degli eSports vede parimenti presenze maschili (51%) e femminili (49%), dall’età compresa tra i 16 e il 45 anni, forbice destinata ad ampliarsi nei prossimi anni, molti dei quali posizionati con un livello redditizio medio-alto (il 38% dei tifosi guadagna più di 2000/euro mese). È altresì necessario cambiare punto di vista rispetto ad un certo retaggio culturale per il quale ciò che è ludico non possa essere un vero lavoro. Proprio come negli sport fisici, anche quelli virtuali generano un indotto economico, tra appassionati e professionisti, che ormai non è più trascurabile. Siamo di fronte ad un fenomeno sociale e, come tale, merita attenzione“.
Sebbene non siano ancora disponibili in Italia dati ufficiali sul reale giro d’affari, si stima che nel 2019 esso abbia toccato i 1,5 miliardi di dollari a livello internazionale (+17% rispetto al 2018): Il 2019, infatti, è stato l’anno in cui Netflix ha lanciato un lungometraggio per raccontare l’ascesa di League of Legends, il Moba (Multiplayer Online Battle Arena) più giocato al mondo, che da eSport è stato ufficialmente consacrato a fenomeno transmediale anche a seguito dell’annuncio del lancio, previsto per quest’anno, della serie animata Arcane.
“Si fa strada nella mente di alcuni giovani talenti” aggiunge Beatrice Pontari – la possibilità di una carriera in ambito eSports. Una carriera che richiede allenamento costante e qualche importante sponsor che investa sulla persona, proprio come negli sport agonistici tradizionali.
Un settore redditizio, quindi, capace di abbattere barriere geografiche, generazionali e di genere: un’industria che oggi vede tra le sue fila, non solo gli esperti del segmento informatico, ma anche 2D Background Artist, 3D Animator, 3D Modeler, Art Director, Audio Programmer, Brand Manager, Cinematic Animator, Community Services Specialist, Composer, Content Designer, Creative Designer, Human Relations Manager, Production Coordinator, una lista esemplificativa che potrebbe proseguire ancora a lungo.
Fare gaming non è più solo un gioco: diversi prestigiosi istituti universitari offrono oggi percorsi formativi altamente professionalizzanti (ad esempio il Politecnico di Milano o l’ Università IULM) e crescono le realtà aziendali che decidono di investire in questo ambito.
Conclude Beatrice Pontari: “Il mercato imprenditoriale italiano nel settore del gaming online vede oggi crescere una costellazione di start-up innovative, anche con imprenditori under 35. Inoltre, grazie alla delocalizzazione insita nel prodotto stesso, permette lo sviluppo di una carriera internazionale e l’investimento in progetti senza frontiere. Anche se dimensionalmente ancora lontane dai colossi oltre oceano, le software house italiane stanno attrezzandosi per le sfide del nuovo decennio. D’altronde, non sono le piccole industrie manifatturiere che hanno fatto grande l’Italia?”.
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