Felicità e lavoro, tra posto giusto o fisso
Felicità e lavoro sono conciliabili? Meglio il posto giusto o quello fisso? Sono tante le ricerche che mettono in evidenza il livello di soddisfazione dei dipendenti. In molti casi non è prioritaria solo la retribuzione. Contano anche le motivazioni, la progressione di carriera, il clima aziendale, i benefit. Anche la pandemia ha contribuito a cambiare la scala dei valori nella scelta o nel mantenimento di un’occupazione. Secondo Hunters Group, per esempio, auto aziendale, smartphone o buoni pasto non sono più la priorità. Sono flessibilità oraria, attenzione al benessere psico-fisico e lavoro agile a fare davvero la differenza. «Non dobbiamo cadere nell’errore – spiega Marta Arcoria, Hr Business Partner di Hunters Group – di pensare che parlare di felicità al lavoro sia fuori luogo.
Tralasciando i vari job title evocativi o quelle che potremmo definire mode passeggere, il concetto di felicità (inteso, ovviamente, in senso ampio) è molto importante per tutti i lavoratori, indipendentemente dal ruolo, dalla tipologia di azienda o dagli anni di esperienza. Gli ultimi tre anni, lo sappiamo, hanno ridisegnato completamente i modelli organizzativi e modificato radicalmente i desideri dei candidati. Abbiamo visto come stipendio e benefit materiali non possano più essere sufficienti per trattenere un talento o per portarlo a bordo, ma dal nostro sondaggio appare evidente come il quadro sia, ancora una volta, cambiato: oggi sono indispensabili flessibilità oraria, attenzione al benessere psico-fisico e smart working perché, davvero, stare bene anche in ufficio è fondamentale».
Dal sondaggio condotto tra oltre 1.500 candidati, emerge un quadro molto chiaro: il 47% dei lavoratori italiani preferiscono la flessibilità oraria e lo smart working, per avere così la possibilità di poter bilanciare – nel modo migliore possibile – vita professionale e vita privata. Il 42% dei candidati, invece, preferisce un ambiente di lavoro sereno e la possibilità di crescita professionale. Si tratta di elementi che, in un modo o nell’altro, possono contribuire a migliorare il benessere dei lavoratori e, di conseguenza, a ridurre i livelli di stress. Sembrerebbero meno importanti, invece, i benefit materiali, scelti soltanto dall’11% dei candidati. Sono i lavoratori più giovani a non voler assolutamente rinunciare allo smart working e alla flessibilità oraria, mentre chi ha maturato più esperienza punta soprattutto a benefit materiali, come l’auto aziendale e premi immediati, come i buoni shopping. «A livello generale – aggiunge Arcoria – i benefit rappresentano, in maniera sempre più marcata, una forte leva di motivazione dei dipendenti attuali e potenziali. Le aziende devono necessariamente tenere in considerazione il valore che questi fattori possono avere per le persone. Non dimentichiamo, infatti, che non è raro che un candidato prediliga, a parità di trattamento economico, una azienda attenta al benessere dei propri collaboratori e che abbia valori in cui sia più facile rispecchiarsi. E il benessere si misura anche attraverso elementi che, in molti casi, vengono considerati secondari. Ma sulla felicità nessuno è più disposto a negoziare».
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