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22 Febbraio 2023

Cacciatori di teste più social, ma vince il rapporto personale

Nuove sfide anche per i professionisti della selezione: come cambiano primo contatto e colloqui

Luigi dell’Olio

I social network che ampliano le possibilità di contatto, i software di videoconferenza per i colloqui, le nuove esigenze dei candidati all’insegna del work-life balance. Sono tanti i fattori che stanno cambiando volto alla professione di cacciatore di teste. «Fino a qualche anno fa si trattava di tutt’altro mestiere: si chiamava in azienda celando la propria identità per entrare in contatto con un potenziale comunicato, si fissava il primo colloquio nei ritagli di tempo concessi dall’ufficio. Oggi il primo contatto in genere si crea tramite social network e il primo colloquio è via telefono o video», racconta Lorenzo Cattelani, managing director Italia di Reverse.

Questo comporta la necessità di nuove competenze per i professionisti del settore. «Occorrono capacità molto più approfondite per cogliere le sfumature della controparte, a cominciare dall’analisi del tono della voce», aggiunge. Per poi sottolineare come sia in corso uno spostamento degli equilibri. «Per i profili Stem, in primis informatici e ingegneri, la richiesta delle aziende è di gran lunga superiore al numero di professionisti disponibili sul mercato, così sono questi ultimi a scegliere e dettare le condizioni», sottolinea Cattelani. Che ricorda anche come il cambiamento nell’attività sia dettato dall’arrivo della generazione Z (i nati a partire dalla seconda metà degli anni Novanta), che sono meno orientati dei senior a rispettare le gerarchie e guardano all’equilibrio tra vita personale e lavoro prima ancora che allo stipendio e alle prospettive di carriera.

Un tema centrale comunque è il rapporto con le famiglie di imprenditori. «In un territorio denso di realtà con tradizione e proprietà familiare, si assiste a una crescente diffusione di aggregazioni, una tendenza che porta ad accrescere il peso decisionale dei manager esterni», annota Andrea Joriini, managing consultant divisione finance di Robert Walters Italia. «Registriamo una forte domanda di cfo che incorporino non solo la responsabilità finance, ma anche la supervisione sulle funzioni legal, M&a, Hr, It e logistica. Altre categorie di figure spesso ricercate sono legate al controllo di gestione e pianificazione della produzione, quindi sempre con un taglio strategico e meno operativo».

Roberto Fumagalli, che per Hunters Group lavora come Area Manager di Padova, segnala che nel Nordest «vi è una forte richiesta di profili specializzati e di conseguenza la figura dell’head hunter si è adattata a questa esplosione aumentando anch’essa di numero». Oltre che cambiando volto: «Oggi per emergere occorre essere smart, digitali e costantemente aggiornati». Il più grande cambiamento nella modalità di lavoro di questa figura, infatti, è dipeso dall’avvento della tecnologia: le nuove forme di comunicazione hanno reso possibile una riduzione dei tempi nell’individuare la risorsa più indicata e una maggiore possibilità di raggiungere i candidati e potenziali clienti. «I social network oggi possono essere un aiuto per mettere in comunicazione le parti interessate (datore di lavoro, head hunter, candidato), ma nella professione dell’Head Hunter la qualità e il rapporto umano sono ancora tratti distintivi e imprescindibili per una buona riuscita della selezione», sottolinea Fumagalli. In sostanza, si tratta di lavorare come un artigiano, che confeziona un servizio su misura del cliente. Anche perché, ricorda, quasi il 40% delle aziende in Italia ha difficoltà nel trovare le persone con le giuste competenze.

A questo proposito, Hunters Group ha effettuato 300 interviste tra le aziende di Veneto, Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia Giulia, rilevando che le soft skill sono considerate dagli intervistati importanti per il 65% dei rispondenti, mentre le hard skill per il 45%. Nella prima categoria, quella ritenuta più importante è la formazione continua, seguita dalla gestione del tempo e dalla capacità di riuscire a organizzare il proprio lavoro in maniera ottimale. «La transizione digitale impatta anche sulla domanda del mercato del lavoro. Oltre a richiedere competenze tecniche relative alle nuove tecnologie, è anche uno dei fattori dell’accelerazione del ritmo del cambiamento: le aziende, soprattutto quando guardano ai profili manageriali e di leadership, hanno quindi bisogno di competenze nuove, che non sono solo quelle tecniche, ma sempre di più quelle trasversali di orientamento all’innovazione, curiosità, apertura mentale, attitudine e mindset di agile propensione al cambiamento», annota Carlo Caporale, ad di Wyser Italia (Gi Group Holding). «Tra le qualità più richieste anche empatia e adattabilità», aggiunge.

Si tratta di caratteristiche la cui valutazione oggettiva è complessa. «Così si cerca di inserire nelle tecniche di selezione strumenti di misurazione oggettiva – test, psicometria, questionari di personalità, assessment center – e pluralità di osservatori, proprio per evitare che la soggettività del selezionatore sia l’unico elemento di valutazione e per aggiungere un maggior grado di predittività», conclude Caporale.

 

 

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