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27 Maggio 2024

Abbiamo assunto un carcerato come white collar

La missione della monzese Joelle Gallesi, amministratore delegato di una società specializzata nella ricerca e selezione di personale altamente qualificato

di Stefania Galletti 

MONZA – Guardare oltre le mura del carcere cercando di cogliere tutte le opportunità che permettano di riscattarsi e di reinserirsi nella società, di riappropriarsi della propria vita attraverso il lavoro. Per un detenuto il lavoro è la chiave verso una nuova rinascita e questo è un passaggio importante che Joelle Gallesi, amministratrice delegata di Hunters Group, società specializzata nella ricerca e selezione del personale ha ben compreso tanto da farne una nuova sfida. Gallesi  appoggiandosi all’associazione «Seconda Chance» guidata da Flavia Filippi, che mette in contatto i detenuti con gli imprenditori, ha organizzato un Career Day per coloro che stanno scontando una pena nel carcere di Bollate e ha dato in prima persona l’esempio accogliendo una di queste persone nel suo staff, beneficiando dell’articolo 21. «Abbiamo assunto un uomo nel nostro staff “white collar”.

Questa persona, di cui non faremo il nome per tutelarlo, è laureando in Economia e quando mi sono confrontata con lui in carcere ho constatato le sue potenzialità e mi sono detta: ” è proprio bravo” – ha spiegato la muggiorese Joelle Gallesi – Adesso lavora con noi: un inserimento che è avvenuto in tutta trasparenza con il resto dei colleghi, senza nascondere niente e non ci sono stati problemi». Durante la giornata lavorativa in ufficio, al neoassunto è stato affidato l’incarico di contattare in videocall le aziende e fissare gli appuntamenti, interfacciandosi con un executive manager e il team delle selezioni.

«Come detenuto ovviamente ha l’obbligo di rispettare determinate regole, come attenersi obbligatoriamente all’orario di rientro in carcere – ha raccontato la Manager – C’è molta discrezione anche quando le Forze dell’ordine passano in ufficio per verificare che sia effettivamente al lavoro». Solitamente nei progetti di inserimento lavorativo ai detenuti vengono proposti o vengono avviati a lavori che richiedono un profilo basso, ma molti di loro hanno anche delle competenze più alte con un percorso di studi alle spalle o in corso in carcere. «Spesso nei penitenziari hanno anche la possibilità di studiare e hanno tutto il tempo per prepararsi bene contando solo sulle loro forze e c’è chi raggiunge risultati più alti rispetto alla media», ha aggiunto Gallesi.

Nelle ricerche e selezioni di personale, da tempo, ad esempio, l’orizzonte di Hunters Group si è aperto alla disabilità, alla multiculturalità, alla gender equality, e adesso si è aggiunta anche l’inclusività lavorativa delle persone in carcere. «Noi puntiamo a dare valore alla persona ed è un messaggio importante che diamo – ha concluso Gallesi – Disabilità, multiculturalità, gender equality, detenzione sono i nostri pilastri per introdurre la cultura dell’inclusione. Purtroppo molte aziende sono ancora indietro in questo, non hanno un programma di introduzione e inserimento, per esempio di persone con disabilità, che non sia per norme di legge. Ma è un lavoro che dobbiamo fare tutti insieme per superare questi gap».

Nel carcere di Bollate, Hunters Group ha tenuto il Career Day con un paio di aziende per permettere ai detenuti di mettersi in gioco per trovare un’ opportunità lavorativa, grazie anche alla legge Smuraglia che consente agevolazioni fiscali per le imprese che assumono detenuti o internati negli istituti penitenziari, detenuti o internati lavoranti all’esterno del carcere e detenuti e internati semiliberi. Una operazione importante anche per la comunità, in quanto il loro recupero si traduce nella riduzione dei reati determinati dalla «recidiva» e quindi una maggior sicurezza. «Quando abbiamo incontrato i detenuti, li abbiamo pre- parati, chiedendogli di parlare di sè in pochi minuti e abbiamo constatato che non hanno il valore di sè e delle loro capacità – ha spiegato Gallesi – Così li abbiamo obbligati a lavorare su un loro “sogno”». All’interno del carcere ogni detenuto è un mondo, oltre agli errori commessi e alle pene da scontare, ognuno ha un proprio vissuto e una diversa formazione. «Anche qui bisogna superare certi stereotipi. Ci siamo interfacciati con loro: uno conosce cinque lingue, un altro è laureato in filosofia, un altro in architettura, altri hanno profili più semplici: noi abbiamo stimolato tutti a vendere quello che sanno fare, anche fornendogli l’opportunità di una formazione in più, per esempio quella digitale – ha sottolineato – Il lavoro e la formazione sono uno stimolo per migliorarsi come persone e per chi non ha una lunga pena da scontare, rappresentano un riscatto e un avvio al ritorno nella società».
Dopo l’approccio positivo con i detenuti del carcere di Bollate, l’obiettivo di Hunters Group è quello di estendere il progetto anche al San Quirico di Monza. «Sinceramente non pensavo che questo progetto ottenesse questo bel risultato – ha confessato Gallesi – Inizialmente mi sono detta “Ci proviamo”, e quando le aziende hanno iniziato a incontrare i detenuti rivelando quindi un’attenzione, questo mi ha convinto ad ampliare il progetto anche nel carcere di Monza». 

 

 

→ Leggi l’articolo completo su Il Giornale di Monza

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