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I Gen Z hanno troppa voglia di lavorare: otto ore e mezza in più alla settimana
Nell’attuale clima economico, la Generazione Z lavora troppo spingendosi sull’orlo del burnout, ma non è il solo problema: molto spesso si tratta di lavori svolti senza compensi adeguati, o addirittura senza alcuna retribuzione.
Il rapporto People at Work 2023 dell’ADP Research Institute, che ha intervistato 32.000 lavoratori in 17 Paesi, ha mostrato che le persone di età compresa tra 18 e 24 anni tendono a dedicare otto ore e 30 minuti in più di lavoro “gratuito” a settimana iniziando presto e rimanendo fino a tardi. Giovani che arrivano anche a lavorare durante le pause e l’ora di pranzo. Ciò a fronte di sette ore e 28 minuti per i lavoratori di età compresa tra 45 e 54 anni, e solo cinque ore e 14 minuti per quelli di età pari o superiore a 55 anni.
Secondo quanto emerge da un sondaggio condotto su un campione di più di 1.200 persone tra 20 e 50 anni da Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale qualificato, i ragazzi della Gen Z desiderano lavorare per realtà che garantiscano soprattutto welfare ed equilibrio tra lavoro e vita privata. Il secondo è la motivazione più importante, ed è stata scelta dal 39% delle persone intervistate, seguita da formazione (29%), benefit (14%), brand reputation (11%) e clima aziendale (7%).
I lavoratori più giovani hanno dovuto affrontare un ambiente lavorativo difficile fin dall’inizio della loro carriera, dovendo fronteggiare un panorama occupazionale caratterizzato da una crescente flessibilità, ma anche da una notevole incertezza dettata da un’economia fragile. Già la pandemia da COVID-19 ha infatti accentuato e accelerato le trasformazioni già in atto nel mondo del lavoro, costringendo i giovani professionisti a navigare in un terreno in costante mutamento.
Uno dei principali aspetti che ha influenzato i giovani lavoratori è stato dover iniziare la loro carriera durante un periodo di turbolenze globali. La pandemia ha modificato in modo radicale le dinamiche lavorative, imponendo il lavoro da remoto, la digitalizzazione delle attività e nuovi modelli di collaborazione. Questi cambiamenti, sebbene abbiano offerto nuove opportunità, hanno anche portato a una crescente incertezza occupazionale e a un senso di precarietà, che adesso sta trovando i primi, molteplici sfoghi. Ma nessuno dica che i giovani, oggi, non hanno più voglia di lavorare.
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