Mi dimetto, ma poi torno…
Grandi Dimissioni 2.0: dopo meno di un anno il 30% dei candidati vuole tornare sui propri passi
L’emergenza sanitaria e le relative nuove necessità hanno ribaltato la situazione. In base a un sondaggio condotto da Hunters Group, quasi il 30% degli intervistati che hanno intrapreso nuove strade professionali, si ritiene poco o per nulla soddisfatto del nuovo percorso.
Il fenomeno della Great Resignation, le grandi dimissioni, nato negli Stati Uniti durante la pandemia è stato ridimensionato.
Durante e dopo la pandemia, infatti, c’è stato un aumento quasi esponenziale di figure professionali di tutto il mondo che hanno scelto di lasciare il proprio posto di lavoro. Anche in Italia questo trend si è palesato con vigore. Non a caso, nel secondo trimestre del 2021 il boom di dimissioni è stato dell’85%, mentre nel terzo la media è stata del 26,7%. Numeri impressionanti.
Le ragioni dietro il fenomeno della Great Resignation
«La spinta verso il nuovo potrebbe essere stata la risposta ai lunghi mesi in lockdown» precisa Joelle Gallesi, managing director di Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale qualificato «o un cambiamento ormai consolidato della percezione del proprio lavoro o, magari, al desiderio del nuovo, che si è instillato in chi non ha avuto modo di emergere dai propri spazi domestici».
E continua: «Un’altra faccia di questo fenomeno è che molti di coloro che hanno cambiato lavoro, già nei primi 3-6 mesi dall’inizio della nuova avventura professionale, rivalutano la scelta perché presa sull’onda dell’emotività e tornano sui loro passi».
Il meccanismo che ha creato tale situazione di frustrazione e malcontento legata al cambiamento è probabilmente dovuto al fatto che può capitare che nella realtà non vengano sempre confermate le aspettative dei candidati. L’impressione è che molti cambiamenti siano stati fatti più sull’onda della ricerca del nuovo, anziché su una visione di insieme della nuova struttura.
I risultati del sondaggio condotto da Hunters Group
Questo è ciò che rivela appunto il sondaggio condotto da Hunters Group, il cui scopo era di indagare il livello di soddisfazione delle persone che, negli ultimi 6-12 mesi, hanno intrapreso un nuovo percorso professionale.
Emerge così che il 38% si ritiene molto soddisfatto del cambio, il 30% abbastanza, il 17% poco e il 15% per nulla. Anche riguardo le motivazioni alla base del cambiamento, il quadro è molto chiaro: il 40% dei profili si è mosso per la possibilità di crescita professionale ed economica, il 23% per la mission e i valori aziendali della nuova realtà e l’11% per l’opportunità di formazione.
«Questi dati» aggiunge Joelle Gallesi «dimostrano quanto gli ultimi anni abbiano cambiato radicalmente il nostro modo di vivere il lavoro e ci mostra quanto le persone, anche in un periodo di grande incertezza come quello segnato dall’emergenza sanitaria, siano propense al cambiamento per cercare aziende più vicine ai propri valori o alle proprie necessità».
Il fenomeno più “estremo” riguarda il 29% degli intervistati: alcuni candidati tornerebbero addirittura a lavorare nella vecchia azienda. Anche i colloqui, spesso svolti da remoto e senza aver mai avuto contatti personali con i responsabili, o semplicemente l’impossibilità di visitare la propria sede di lavoro hanno reso, da un lato semplice la valutazione del cambiamento, ma dall’altro hanno complicato l’on-boarding e la creazione della relazione nella nuova azienda.
→ Leggi l’articolo su Millionaire.it!