E-recruitment: e la selezione?
Il mese scorso abbiamo parlato di quanto il mondo del lavoro e, di conseguenza, quello della ricerca e selezione, stia diventando un universo in cui muoversi ad alta velocità. In questo scenario, che non è tanto nuovo quanto radicalizzante, globalizzazione e informatizzazione sono i due elementi che hanno permesso, nel tempo, il diffondersi dei nuovi metodi per la ricerca del personale: in una parola, l’e-recruitment.
Dagli anni ’90 ad oggi l’e-recruitment ha subito una notevole variazione: dalla costruzione di bacheche virtuali in cui pubblicare gli annunci di lavoro, a veri e propri software per la gestione a tutto tondo del processo di selezione del candidato. Dal futuro ci si aspetta che tale canale per la ricerca e selezione del personale si evolva al punto di permettere una precisa standardizzazione delle informazioni scambiate; oggi i primi passi sono stati mossi con sistemi che permettono non solo di effettuare un prescreening dei cv in base a parametri impostati dal recruiter, ma anche di soppesare le varie candidature e stabilirne automaticamente una classifica.
Se da una parte l’e-recruitment agisce come facilitatore nella movimentazione di grandi quantitativi di candidature attive abbattendo tempi e costi, dall’altra rimane aperta la domanda sulla reale efficacia di tale strumento sia in fase di ricerca sia – soprattutto – in fase di selezione.
Come tutti gli strumenti, l’e-recruitment presenta delle grandi potenzialità che facilitano il lavoro di tutti i giorni, ma non può essere utilizzato quale canale unico, come – diversamente – viene spesso riproposto.
Tralasciando l’ovvia considerazione su quella fetta di candidature potenziali che non sono attivamente alla ricerca di un ricollocamento nel mondo del lavoro ma che possono essere attratte dall’head hunter attraverso il contatto diretto, andando così ad intaccare il buon esito della fase di scouting, anche in fase di preselezione vi sono rischi tangibili nell’affidarsi completamente al canale informatico in quanto l’eccessiva standardizzazione delle informazioni scambiate attraverso un curriculum vitae rielaborato da un sistema automatizzato porta inevitabilmente alla spersonalizzazione e alla manchevole interpretazione dello stesso: il curriculum non sarà più quindi “vitae” bensì “vitarum”, uno tra gli altri, un mero elenco di elementi da raccogliere in database e non la descrizione della vita professionale di un candidato, descrizione che passa spesse volte anche attraverso lo stile grafico e i vocaboli scelti dal suo autore.
La domanda rimane aperta: quale evoluzione spetta al canale dell’e-recruitment per diventare effettivamente autonomo al punto di intervenire efficacemente anche in fase di selezione? Non resta che aspettare, sperimentare e osservare.